Andrea Boldrini e Paolo Facchinetti: Orizzonti di attesa

Doppia mostra personale a cura di Virgilio Patarini 

 

Andrea Boldrini

Le ragioni del sentimento

Quelli presentati in questa occasione milanese sono tele che ci mostrano “spazi pittorici” ma anche, al tempo stesso, luoghi d’elezione, condensati d’emozione che si aprono alla vista dello spettatore, alla sua fruizione, alla sua disponibilità di ricezione saturi di un colore denso, scuro, un colore che talvolta si schiude inaspettatamente alla luce abbagliante del bianco o alla tenerezza di tinte lievi, sfumate, di colori pastello. Sono spazi carichi di attese, di energia rappresa, trattenuta, in cui si gioca l’eterna partita tra l’istinto e la riflessione, tra la ragione e il sentimento. C’è la forza del gesto che si esprime attraverso pennellate decise, evidenti, segni neri che scavano la tela. Ma poi c’è un’incessante ricerca di equilibri, in un gioco di pesi e contrappesi. E velature tese ad ttenuare, ammorbidire o al contrario a scavare più a fondo. E colature che lasciano “spazio” anche al caso, anche se magari solo in parte. Sono paesaggi? Forse sì. Talvolta questi spazi sembrano alludere, evocare paesaggi. Oppure si tratta di una somiglianza solo superficiale, solo apparente, con paesaggi della natura. Di certo sono invece paesaggi dell’anima. 

Virgilio Patarini

 

Paolo Facchinetti

Di luce e d’ombra

Da sempre la pittura di Facchinetti oscilla vertiginosamente tra una figurazione sottilmente raffinata e un’astrazione informale energica e gestuale, tra vaghi richiami a Francis Bacon o a Giacometti e consapevoli riferimenti a Franz Kline, Emilio Vedova, Hans Hartung. Senza che mai i due fronti si confondano. Senza che mai i due universi paralleli si incontrino. [...] L’ombra è un panno morbido che avvolge. La luce un graffio che fa male. Ma tra le due presenze il contrasto è insanabile. Sì, sono due presenze, poiché l’ombra in Facchinetti non è assenza di luce, ma presenza immanente, imprescindibile, incombente. Forse, addirittura, è la luce ad essere assenza di ombra, mancanza, negazione. [...] adesso il rigore estremo di queste opere mette a nudo brutalmente gli schemi, e al tempo stesso li rende anche più prepotentemente efficaci. E come possiamo chiamare il conflitto irrisolto tra luce ed ombra, tra essere e divenire, tra carezza e graffio, tra orizzontalità e verticalità, se non col nome antico e dimenticato di “tragedia”?

Virgilio Patarini